venerdì, Ottobre 11
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Oncologia medica integrata: un moderno approccio alla patologia neoplastica

oncologia medica

L’oncologia medica ha, negli anni, compiuto notevoli progressi nella gestione della patologia e del Paziente affetto da neoplasia nell’interezza del suo essere.
La chemioterapia citotossica, pur essendo ancora molto utile nel combattere la progressione tumorale, sta cedendo il passo alle nuove forme di approccio a bersaglio molecolare e di immunoterapia. Particolare attenzione ad oggi viene posta proprio su questa ultima frontiera terapeutica e soprattutto si è ben compreso che il sistema immunitario ha un ruolo fondamentale nella gestione della progressione tumorale. Quindi non più la sola aggressione diretta contro la cellula malata ma la gestione dell’ “intorno”.
Ecco che l’ambiente pericellulare nella massa neoplastica assurge a bersaglio da modulare al fine di variare la possibilità di accrescimento cellulare. Qui la medicina complementare di affiancamento alle ordinarie strategie in chemioterapia, radioterapia, chirurgia può giocare un ruolo rilevante.

Da tempo i tecnici esperti nella tematica della integrazione in oncologia prescrivono, in affiancamento alla necessaria terapia ordinaria delle patologie tumorali, una serie di preparati di derivazione naturale che hanno lo scopo di modulare la reattività del sistema immunitario, ridurre gli effetti collaterali legati alle terapie stesse, migliorare l’attività di chemioterapici antiblastici e/o delle radiazioni ionizzanti, stimolare l’apoptosi cellulare (meccanismo per il quale una cellula danneggiata non dovrebbe replicarsi ma essere indotta al suicidio), modulare l’angiogenesi.
Alcune sostanze naturali sono più impiegate di altre soprattutto in virtù della loro poliedricità di azione. Gli estratti del the verde, per iniziare, hanno la capacità di arrestare il ciclo cellulare nella fase G1, di stimolare l’apoptosi, di ridurre la quota circolante di VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale) e di PDGF (fattore di crescita di derivazione piastrinica).
Il sulforafano poi ha effetto di stimolo dell’apoptosi, di riduzione dell’angiogenesi e di attivazione immunitaria principalmente sui linfociti NK. La curcumina a seguire presenta attività di blocco della proliferazione modulando le cicline, proapoptotica riducendo la quota intracellulare di proteine che frenano il processo di morte cellulare programmata, sinergizza con diversi agenti farmacologici antiblastici, riduce l’angiogenesi intratumorale riducendo la quota di fattore di crescita vascolare circolante, riduce l’infiammazione interagendo con NfKB.

La boswellia serrata modula le cicline, stimola le caspasi nella frammentazione del DNA che è propedeutica all’apoptosi, riduce il VEGF circolante, libera citochine immunostimolanti sul versante antineoplastico.

L’Oryzalose migliora la reattività del sistema immunitario attivando ed incrementando il numero dei linfociti NK, migliorando la competenza macrofagica, riducendo la quota dei linfociti T-reg che rappresentano un freno per la responsività del sistema immune. I beta glucani da funghi medicinali posseggono un effetto antinfiammatorio ed una attitudine immunomodulante.

Tutte le sostanze che ho elencato hanno poi il pregio di offrire tono generale all’organismo con una sensazione soggettiva di benessere. Cosa questa da non sottovalutare in Pazienti per i quali anche l’obiettivo del miglioramento della qualità di vita in alcuni setting può essere fondamentale.
Questa breve disamina induce alla riflessione che esistono moltissime sostanze naturali, la cui attività terapeutica è stata più o meno esplorata, che meritano un impiego nella pratica clinica oncologica quotidiana.

Esplorando una ulteriore possibile terapia oncologica che si collochi nel contesto della adiuvanza sinergica rispetto ad un trattamento in chemioterapia e/o radioterapia ecco che è opportuno spostare l’attenzione sulla ipertermia in oncologia. Il calore da millenni è stato oggetto di studio da parte della scienza medica. Già nell’antico Egitto e nella Grecia classica i medici prescrivevano il riscaldamento di alcune regioni corporee o dell’organismo in toto per lenire vari malanni. Nell’800 questi concetti vennero recuperati avendo alcuni medici osservato che nella stessa patologia tumorale il calore poteva avere degli effetti benefici e migliorare la possibilità di contenere la neoplasia.

Questi studi osservazionali lasciarono il posto verso il termine del 1900 alla caratterizzazione dei meccanismi molecolari intracellulari mediante i quali un surriscaldamento della cellula neoplastica poteva portare all’innesco dell’apoptosi o ad un arresto della proliferazione.
Ancor più il miglioramento delle competenze tecniche in ambito di ingegneria biomedica ha portato alla possibilità di realizzare dei dispositivi mediante i quali innalzare in modo controllato e preciso la temperatura di un determinato distretto corporeo tra i 41 ed i 43 °C.
Si assisteva così alla nascita delle prime apparecchiature per ipertermia capacitiva profonda. L’innalzamento termico veniva realizzato mediante una radiofrequenza a 13.56 Mhz erogata per un determinato lasso di tempo mediante degli emettitori (antenne) posizionati sull’area corporea da trattare.

Cosa si può ottenere in questo modo? In primis uno stimolo proapoptotico diretto mediato dall’attivazione di enzimi denominati caspasi che vanno a frammentare il DNA della cellula malata, il miglioramento della distribuzione nei tessuti dei chemioterapici antiblastici che persistono nel circolo sanguigno tra una somministrazione e la successiva, una modulazione dell’angiogenesi intratumorale, un effetto di immunomodulazione, azione antalgica, ridurre la possibilità che cellule danneggiate in modo subletale da radiazioni ionizzanti possano riparare modulando l’attività degli enzimi che sono preposti al risanamento.

Il trattamento non deve essere quotidiano ma si deve effettuare a giorni alterni per limitare quel che può essere l’insorgenza di resistenza mediata dalle proteine da shock termico. Non esiste solo un approccio in ipertermia capacitiva profonda a radiofrequenza ma anche uno legato al riscaldamento del corpo in toto. In questo caso non si impiega la radiofrequenza come meccanismo per innalzare la temperatura ma l’infrarosso a luce filtrata ad acqua. Le apparecchiature di ipertermia total body consentono di riscaldare tutto l’organismo sino a quattro centimetri di profondità. Questo rialzo termico è utile per ottenere un effetto antalgico sistemico, una attività di modulazione sulle cellule dendritiche (cellule presentanti l’antigene) del tessuto sottocutaneo, la sinergia con taluni chemioterapici antiblastici (in particolare i sali del platino).
Il pregio di queste metodiche è che, se il Paziente è attentamente selezionato e studiato, hanno effetti collaterali prossimi allo zero. In definitiva il benessere del Paziente colpito da una patologia seria quale quella oncologica passa a mio avviso attraverso una attenta integrazione delle varie modalità terapeutiche disponibili. Occorre per far questo conoscere in modo approfondito le tematiche principali della fisiologia dell’organismo, della fisiopatologia, della farmacologia e della biologia delle cellule tumorali; nondimeno approfondire le procedure che in via ordinaria vengono poste in essere quando ci si trova in presenza del problema cancro. Una azione globale sinergica consentirà di migliorare in primis la qualità di vita e sperabilmente la sopravvivenza globale.

Carlo Pastore, medico oncologo responsabile del Reparto di Oncologia della Casa di Cura Villa Salaria di Roma, socio fondatore di A.R.T.O.I. (Associazione Ricerca e Terapia in Oncologia Integrata)